lunedì 23 agosto 2010

Gli amici degli amici...



Pochissimi anni fa mi è capitato di festeggiare una Laurea tardiva, la mia, presso un noto ristorante di una notissima cittadina del vino della Val d'Orcia(di cui non faccio il nome, vedasi foto).
Il locale è pieno, soprattutto di turisti, e noi, essendo una quindicina di invitati, per venire incontro alle esigenze della cucina, abbiamo deciso di optare tutti per un menù degustazione proposto dal locale, chiedendo semplicemente alcune piccole variazioni dovute alla presenza di due commensali, mio babbo e mia moglie, l'uno celiaco(o giù di lì) e l'altra intollerante al lattosio.
Con nostro grande stupore la cameriera ci riporta il parere del patron/chef: il menù è quello e guai a chi lo tocca.
Storcendo la bocca ci adeguiamo al diktat del Capo e proseguiamo la nostra cena che tra alti e medi si conclude degnamente.
Al momento del conto però accade l'inaspettato: mi reco all'interno del locale e il proprietario si accorge che sono un "indigeno". Immediato scatta uno sconto sostanzioso e lo stesso si precipita al tavolo per accertarsi dell'ottimo svolgimento del pasto presso i commensali e scusandosi per gli eventuali inconvenienti.
"Me lo doveva dire, quando ha prenotato, che eravate di qui" mi rimprovera il proprietario come a sottintendere che mi sarebbe stato riservato ben altro trattamento: proviamo a farlo ragionare che in quanto clienti dovremmo essere trattati nella medesima maniera e faccio fatica a trattenere alcuni ospiti, meno indigeni, che si sentono, a ragione, presi per i fondelli.
Mi dicono amici, ancora più indigeni di me, che non si tratti di una pecora nera, ma che anzi la pratica sia comune nel Borgo, con prezzi differenziati per residenti e ospiti sia nella ristorazione, che nella vendita e mescita di vino: a mio parere una pratica sconsiderata e poco lungimirante dettata soltanto da un'ottica speculativa deleteria.
Magari mi sbaglio.

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