lunedì 8 novembre 2010

Ciaccolando



Buon successo di pubblico per la manifestazione "Cioccolando" che si è svolta anche quest'anno nella nostra città nel fine settimana appena trascorso.
Il numero di presenze, al contrario di quanto riportato da alcuni giornali, mi è sembrato notevole, specialmente in considerazione del maltempo che ha colpito la città soprattutto domenica.
Sono passato in Piazza Dante in diverse occasioni, assaggiando qua e là e portando a casa anche qualche souvenir: buona la qualità media dei prodotti, con una certa tendenza alla standardizzazione ed un livellamento, chiaramente concordato, dei prezzi verso l'alto(40 euro/Kg per quasi tutte le tipologie).
Non sarò il massimo esperto di questo meraviglioso prodotto, ma l'idea che ho ricavato da questa manifestazione è che più di un'esposizione si tratti di un circo della cioccolata che da una parte volge un occhio, miope, alla qualità e dall'altra parte riserva l'occhio buono al registratore di cassa.
La sensazione è quella di un "volemose bene" della cioccolata, allargato chissà perchè anche ai dolci siciliani e altoatesini, una buona macchina da soldi, ma che non rende merito alla produzione di qualità di cioccolata, in cui l'Italia eccelle.

lunedì 1 novembre 2010

Bagoga




Se quel 2 luglio 1970 Samanta fosse arrivata prima al bandierino, i contradaioli della Civetta avrebbero festeggiato per settimane e noi staremmo qui a raccontare un'altra storia.
Resta infatti quello l'unico Palio corso da Pietro Fagnani, col soprannome di Bagoga.

Per ironia della sorte, 40 anni dopo, affamati, quando andrete chiedendo della "Grotta di Santa Caterina" difficilmente troverete conforto nelle indicazioni degli interpellati, mentre verrete subito esauditi se chiederete di Bagoga.
Se infatti la carriera di fantino non è mai decollata, ben altro esito ha avuto quella di ristoratore: ai fornelli Pietro tira fuori il meglio che le sue radici(ilcinesi) e la sua ricerca(chiantigiana) possano dare, sciorinando ricette ormai mandate a memoria che non tradiscono mai.
Accolti in un ambiente rustico, ma molto curato, ai limiti del romantico, da camerieri, tanti, in giacca e cravatta vi troverete ben presto a sfogliare il ricco menù basato sulla tradizione e ci sarà davvero l'imbarazzo della scelta: tra gli antipasti incuriosisce il tonno del Chianti(arista cotta al vapore e conservata sott'olio a mo' di tonno) ed entusiasma il carpaccio di Chianina, saporito e tenero allo stesso tempo, mentre tra i primi abbiamo optato per i classici(ribollita, pappardelle al cinghiale etc etc) rimandando alla prossima visita le specialità di Bagoga(su cui non mancano i pareri entusiasti).
Vasta scelta anche tra i secondi con spezzatini di una tenerezza insperata, in versione classica e "peposo"(strepitoso), tagli poveri, come la trippa, ben cucinati e un'ampia esposizione di vari tagli di Chianina da cuocere sulla griglia.
Per concludere piccola lista dei dolci con preparazioni di vario livello, dagli immancabili tiramisu e pannacotta ad una delicata torta di riso o al poco conosciuto panpepato di Asciano in abbinamento ragionato con vini da meditazione.
Ottima scelta di bottiglie di buon livello in prevalenza toscane, con una piccola lista di produttori biodinamici, da cui abbiamo attinto, incuriositi, un Chianti 2009 di Michele Giorgio, un prodotto beverino, morbido(piccole percentuali di merlot e 8 mesi di legno piccolo) diverso dai canoni classici del Chianti, quasi femminile, ma proposto comunque ad un prezzo corretto, 14 euro.
E proprio il prezzo è uno dei punti di forza di Bagoga, perchè a fronte di quanto riportato sopra, non si esce dal locale con le ossa rotte, come avviene invece in molti locali della Città del Palio: i 25 euro finali sono ben spesi e ci sorprendono perchè risultano comunque inferiori alla somma algebrica dei prezzi indicati nel menù, con un simpatico e consistente arrotondamento a nostro favore.
Alcune piccole indicazioni pratiche, per concludere: nel fine settimana prenotate con anticipo se volete mangiare e nella bella stagione prenotate fuori, nei tavoli apparecchiati lungo la via, l'ambientazione sarà speciale.
Brutte notizie solo per i tiratardi, la cucina alle 22 chiude.

Ringraziamo quindi Bazza, che quel pomeriggio di luglio 1970, condusse Topolone(e non era impresa impossibile) alla vittoria per i colori della Giraffa(vedi qui).

Gustatus 2010



Anche quest'anno mi son perso, imperdonabile lo so, uno degli eventi più importanti del settore enogastronomico maremmano, la rassegna "Gustatus" che si è svolta nel fine settimana appena trascorso a Orbetello.
Nonostante le buone opinioni ricevute non vi nascondo che mi ha un po' stupito vedere un servizio, anche corposo, in merito alla manifestazione addirittura sul TG1, nientemeno che il TG1 o perlomeno quel che ne resta.
Lo stupore si è esaurito dopo pochi secondi, quando la telecamera ha inquadrato, per non lasciarlo più, il bel faccione dell'illustre sindaco della località lagunare, elevato al rango di esperto enogastronomico, nonchè grancaposupremo dei trasporti italiani(a proposito potete andare a vedervi come vanno i trasporti in Italia e in Maremma in particolare).

A poca distanza di tempo, sul TG5, Graziano Mesina veniva intervistato in qualità di promotore dei Vini della Sardegna. Convincente.

Speriamo che almeno Chicco ci risparmi il supplizio della rubrica enogastronomica.

sabato 16 ottobre 2010

Mi arrendo...forse


La mia ricerca è conclusa, non vi tedierò più, dopo oggi, con le mie recensioni di Pan dei Santi.
Mi sono scoraggiato, vinto dalle estrosità dei panettieri maremmani e così abbandono il campo.
In questa settimana mi sono imbattuto in due ulteriori interpretazioni, una di marca amiatina, l'altra grossetana che non sono riuscite a confortarmi.
Il primo prodotto è il Pan dei Santi del Mago Pancione(acquistato presso la Conad del Tiro a Segno): il solco è quello tradizionale ed è già chiaro sin dall'aspetto, la superficie è irregolare e denota una lievitazione irruenta, per quanto possa esserlo quella di questo dolce.
Buona la scelta della frutta secca, anche se una maggior quantità non avrebbe guastato, così come sarebbe consigliabile una mano più generosa con l'olio, visto che l'impasto risultato leggermente asciutto: tutte migliorie che incidono sui costi di produzione, ma, a questi prezzi(11 euro e rotti al chilo) rientrano ampiamente nei margini.

Discorso totalmente diverso per il Panificio Galletti di Barbanella, vero must della panificazione grossetana, dove il pasticciere si è fatto prendere la mano dalla creatività, fin troppo creando un dolce che tutto è tranne Pane dei Santi: all'interno troviamo soprattutto fichi secchi e pinoli, mentre l'impasto è aromatizzato all'arancia. Il panetto inoltre è schiacciato, segno che il lievito non è riuscito a sollevare la pasta, tutto da rifare.
Anche qui una breve nota sul prezzo che, fatto inusuale e poco trasparente, è al pezzo e non a peso: dettagli, non è certo questo il problema di questo prodotto(torneremo comunque perchè la schiaccia è la mia preferita e la schiaccia multicereali è un altro piccolo capolavoro).

Riassumendo, questa serie di assaggi ha evidenziato che il Pan co' Santi senese sembrerebbe declinarsi diveramente nel Pan dei Santi maremmano, con risultati, per ora, non molto incoraggianti.

Resto in attesa di segnalazioni che mi facciano cambiare opinione, ne sarei felice.

domenica 10 ottobre 2010

Ancora Pan co'Santi





Prosegue il periodo di avvicinamento alla festività del 1 novembre e continuo, dopo il post della scorsa settimana, il mio percorso tra le diverse interpretazioni del dolce classico di questo periodo, il Pan de' santi(o Pan co'santi che dir si voglia).
Dopo la corroborante cronaca dalle Crete Senesi, ci trasferiamo in Maremma, passando per il Monte Amiata e qui le notizie non sono altrettanto confortanti.

Iniziamo dal prodotto più "globalizzato" che abbia incontrato, il Pan de' Santi dell'azienda Corsini di Casteldelpiano, azienda dai grandi numeri che oltre a rifornire la GDO è presente, tra l'altro, in tutta la catena Autogrill e in numerosi Paesi stranieri.
Nell'assaggio mi accompagna un certo scetticismo dovuto a quanto appena riportato, mentre mi conforta la qualità riscontrata in altri prodotti di questa stessa azienda, in particolar modo nei biscotti e nei dolci natalizi(Pandori e Panettoni sono spesso valutati ai vertici della produzione nazionale).
In questo caso specifico però, è lo scetticismo che trova riscontro: il prodotto assaggiato è senz'altro piacevole e non mi meraviglio che riscuota un certo successo commerciale, ma è inevitabilmente lontano dalla mia idea di Pan de' Santi.
Il prodotto, innanzitutto e non poteva essere altrimenti, non è fresco, ma è stato prodotto in un imprecisato tempo passato e questo ha fatto perdere completamente l'umidità interna così che la pasta interna risulta troppo asciutta(è vero che il Pan co'santi è buono anche raffermo, ma solo se la pasta fa solo da spalla).
La lievitazione è buona, fin troppo visto che si sono formate all'interno delle bolle d'aria, segno piuttosto evidente di carenza di frutta secca all'interno del dolce. Da segnalare inoltre la presenza, inusuale, di burro nella ricetta(esigenza di produzione probabilmente) che lo rende inadatto ai soggetti intolleranti al lattosio.
Riassumendo un prodotto adatto a far conoscere questo tipo di dolce lontano dalle nostre zone, ma che nel consumo locale appare sotto agli standard previsti. Mi riservo eventualmente di recensire il prodotto fresco(esiste un punto vendita a Grosseto).

Il secondo prodotto è quello del panificio di Via San Martino a Grosseto, panificio di chiara fama, oltre che in posizione strategica: già l'apparenza mi convince poco, con la superficie liscia che è ancora segno di una preponderanza della pasta sulla frutta secca(in questo caso anche con fichi secchi).
Aprendolo si presenta fin troppo umido, segno di recente ma non del tutto sufficiente cottura, tanto che rimando l'assaggio al giorno successivo quando il prodotto è più "tirato".
Anche all'assaggio si denota una certa carenza di frutta secca, mentre la nota peposa in sottofondo sarà molto gradita a chi non impazzisce per questa spezia.
Nel complesso un prodotto sufficiente, ma che non riesce a brillare.

Per questo mese proseguirà il mio giro di assaggi, saranno ben accetti suggerimenti e segnalazioni(lasciate un commento o inviatemi una mail).

giovedì 7 ottobre 2010

Ancora un buco nell'acqua?



Dal numero crescente di notizie riguardanti l'acqua, si direbbe che l'argomento stia diventando, finalmente, di moda.
Dopo Ikea, anche la COOP si muove per stimolare il consumo di acqua del rubinetto con una campagna pubblicitaria e l'installazione, pressochè simbolica, di un distributore d'acqua pubblica presso un punto vendita dell'hinterland fiorentino.
Al di là delle considerazioni sul reale impatto dell'iniziativa e sui suoi fini promozionali/propagandistici(uso i due aggettivi visto che il commerciale ed il politico qui si sublimano), registro con piacere il fatto che comunque si parli dell'argomento e non ci si limiti a stimolare il consumo dell'acqua del Sindaco(che al nostro Bonifazi non sembra riuscire particolarmente gustosa), ma ci si ponga l'obiettivo, meno rivoluzionario ma per questo più raggiungibile, di stimolare l'acquisto di acque locali così da ridurre l'impatto ambientale.
Potrebbe essere valutabile l'idea di introdurre, da parte delle Regioni, una tassa sulle acque minerali proporzionale alla distanza tra il punto vendita e la fonte, così da disincentivare l'acquisto di acque provenienti da Regioni lontane; con il ricavato si potrebbe migliorare la qualità dell'acqua del rubinetto.

Per quanto riguarda la nostra zona, data per scontata, sino a smentita, la salubrità dell'acqua che esce dal rubinetto se ne registra la scarsa piacevolezza gustativa che denota presenza di minerali e sostanze sgradite al palato, fatto questo che ostacola anche i consumatori più motivati.
Una buona notizia, per concludere, all'interno dei nuovi giardini di via Ximenes è stata installata una fontanella per i bimbi più assetati.

venerdì 1 ottobre 2010

Quo usque tandem Sagra...?


Torno brevemente sull'argomento sagre(già trattato altrove) per segnalare come l'argomento stia diventando, finalmente, di pubblico interesse tanto che durante la manifestazione "Territori in Festival" si è giunti a redigere un "Manifesto delle Sagre".
Naturalmente non si contano gli interventi da parte dei ristoratori e delle associazioni di categoria, mentre qualche timida reazione si registra da parte dei comitati organizzatori(qui).
Tutto tace sul fronte politico-istituzionale e ciò non mi meraviglia.

Non sono un ristoratore e trovo spesso occasione di criticarne, quando è il caso, l'esosità e la tendenza al lamento, ma in questo caso non riesco proprio a dar loro torto.

martedì 28 settembre 2010

Sancta sanctorum




Abbandonare la bella stagione risulta ai più difficile e, per lenire questo dolore, la natura ci propone un clima più adatto a cibi corposi e una varietà di prodotti stagionali veramente strepitosi, dai funghi alle castagne, dai tartufi all'uva.
Come se la natura non bastasse, anche la cultura gastronomica ci mette del suo e così le vetrine di molti panettieri si riempiono di un dolce strepitoso nella sua semplicità, in assoluto uno dei miei preferiti.
La ricetta è molto semplice e di facile ripetizione, altro non si tratta che di pasta di pane arricchita con noci, uva passa, zucchero e buccia di limone oltre che di una spolverata di spezie, in un cui ognuno di voi si potrà sbizzarrire.
Il nome di questa delizia varia leggermente a seconda delle zone, ma poco cambia se si chiamerà Pan co Santi, nel Senese, o Pan de Santi, in Maremma, allo stesso tempo varia spesso leggermente anche la ricetta, con aggiunte di fichi secchi o altra frutta secca, uova o altri ingredienti.
In quest'ultimo fine settimana ho assaggiato due diverse interpretazioni del medesimo spartito: molto soffice e gustoso il Pan co Santi de "Le dolcezze di Nanni", panificio e biscottificio di fama internazionale di Buonconvento(Si) celebre per le sue versioni di panforte e ricciarelli oltre che per la gran varietà di biscotti e cantuccini.
Ancora più gustoso, rustico e tradizionale quello preparato dal Panificio Giuliani(Via Battisti 38, Torrenieri, Siena, Tel 0577.834288): la trama è più fitta di uvetta e noci, tanto che la pasta sembra stentare nella lievitazione, mentre la speziatura, pepe nero, è più marcata a sottolineare una spiccata personalità e nessuna ricerca di facile compiacimento.
La letteratura vorrebbe questo dolce associato al vino novello, ma poichè questo non rientra nelle mie grazie, consiglierei un altrettanto classico Vinsanto o un Moscadello di Montalcino.

mercoledì 22 settembre 2010

Chi ha paura dell'Anisakis?



Alzi la mano chi conosce il simpatico vermiciattolo rappresentato nella foto.
Io, fino a stasera, ne ignoravo l'esistenza, ma, per quanto posso aver capito, nella mia vita ne debbo aver digeriti diverse centinaia.
L'Anisakis, infatti, è un parassita che si trova in due terzi del pescato mondiale e che, se non eliminato tramite cottura o surgelamento, si può installare nel nostro organismo provocando nell'80% dei casi una reazione allergica(3/4 giorni sul WC per capirci) e nel 20% danni allo stomaco e all'intestino(perforazioni) curabili solo attraverso un intervento chirurgico(ogni anno in Giappone per questo motivo muoiono decine di persone).

E quindi?
Dobbiamo forse smettere di mangiare pesce crudo?
Basta Sushi, Tartare, Alici marinate e compagnia cantante?
Per fortuna no, la soluzione esiste e consiste nell'utilizzo di materia prima che abbia subito un ciclo di surgelazione ad almeno -20° per almeno 24 ore.

E qui nasce il dilemma del ristoratore: sincerità o ipocrisia?
Tornate con la memoria all'elenco dei ristoranti dove mangiate pesce crudo.
Quale scritta campeggia solitamente in bella evidenza? "PESCE FRESCO" e "QUI SERVIAMO SOLO PESCE FRESCO"
A questo punto le cose son due: o vi dicono una bugia o rischiano di avvelenarvi.
Lascio scegliere a voi, io preferisco la prima.
Ed è così che va nella stragrande maggioranza dei locali, anche se quasi tutti non hanno il coraggio di dichiararlo per paura che il cliente percepisca il prodotto come di qualità inferiore.
Per quanto riguarda la nostra zona, tra i ristoranti da me visitati, ricordo che solo il Sushi Bar di Grosseto evidenzia il fatto che il pesce ha subito un processo di abbattimento della temperatura e questo depone certamente a suo favore, anche se i crudi del locale non mi hanno certo fatto impazzire(ma a quei prezzi difficile chiedere di più), mentre ho apprezzato molto di più quello che esce dalla cucina con ottime fritture e alcune preparazioni veramente invitanti e saporite.

Detto questo sembra difficile chiedere ai ristoratori di pubblicizzare questa pratica attraverso scritte e menù, mentre sarebbe apprezzabile una certa opera di divulgazione della materia specialmente da parte di locali di fascia medio-alta a cui si richiede una maggiore attenzione verso il cliente.

Va da sè che ancora maggiori precauzioni dovrete adottare nella preparazione del pesce crudo a casa, dove dovrete accertarvi che sia stata effettuata la procedura di abbattimento, per evitare di trovarvi con un inquilino poco desiderabile.

lunedì 20 settembre 2010

Impressioni dalla Capitale



Usciamo oggi dai confini della Maremma, per riportare le impressioni di una rapida incursione nella Capitale, solo per far assaggiare al pargolo il suo primo smog.

Iniziamo dal pernottamento che, se è vero che si può fare anche andata e ritorno in giornata, permette di evitarsi un bel po' di stress e di godersi la gita anche con un prezzo modico.
Nel nostro caso, prenotando via internet su Booking, con soli 60 euro a notte(matrimoniale più il bimbo), abbiamo soggiornato all'"Hotel degli Imperatori", un 4 stelle di recente costruzione all'altezza del GRA, tra Nomentana e Tiburtina.
L'hotel merita ampiamente le stelle assegnate, ha camere ampie, grandi ambienti, un buon ristorante(a detta di chi l'ha provato) e, inoltre, un comodissimo posteggio sotterraneo, custodito e gratuito.
La colazione è di buon livello, ottimi i dolci casalinghi e la caffetteria, da rivedere la parte salata, il servizio è celere e cortese, la pulizia sempre evidente.
La struttura è particolarmente consigliata a chi arriva in auto a Roma, mentre per gli altri l'albergo offre il servizio navetta dalla stazione metro Rebibbia, ma inevitabilmente, gli spostamenti si fanno più complessi.

Avvicinandosi al centro, in via Conca d'Oro(zona Montesacro) consiglio calorosamente la gelateria "Conte d'Oro" che offre alcune tra le migliori creme di Roma senza esigere i prezzi esosi di altre prestigiose gelaterie romane(traducendo con 2 euro si prende un abbondante cono da 3 gusti): il fondente(senza latte) al palato è cremosissimo e ha il gusto intenso della materia prima utilizzata(niente surrogati e semilavorati in questa gelateria), ottimi anche il pistacchio, il fondente al peperoncino e la crema(qui si usano le uova evviva!!!), mentre incuriosiscono, ma non deludono, mango, Bucaneve e lattementa.

Se la  fame si fa invece un po' più consistente ci spostiamo in zona Colli Albani, in via Genzano, dove l'Osteria del Velodromo vecchio, dalla mia ultima visita, ha raddoppiato i posti a tavola senza scalfire in alcun modo la qualità. Sempre aperti a pranzo, accendono i fornelli anche nelle sere di giovedì, venerdì e sabato, mentre la domenica riposano(abitudine comune, ahimè, alla maggior parte dei buoni ristoranti romani).
Si inizia con la pasta all'olio che Lorenzo mangia in quantità difficilmente ripetibile, visto il suo esile appetito, e questo ci risulta già un buon segnale.
Saziato il Principale, la cucina si occupa di noi con un'invitante pasta e ceci(minestra di ceci con maltagliati fatti in casa), rigatoni con il sugo di coda(risultante dalla preparazione della coda alla vaccinara, saporitissimo di carne e orto) e gli altrettanto classici tonnarelli cacio e pepe(uno dei vanti del locale).
Mentre Lorenzo gioca nel cortile con i giocattoli messi a disposizione(apprezzatissima premura, così come il capiente appendiabiti), passiamo al secondo dove ricevono elogi la trippa alla romana(rossa, aromatizzata con la mentuccia e ricoperta di pecorino romano grattugiato), il tenero brasato al vino rosso e gli immancabili "aliciotti e indivia" piatto cult della tradizione ebraica, qui veramente squisito.
Ad accompagnare il tutto una stuzzicante carta dei vini basata sul Lazio(buona scelta di Frascati e Cesanese) e ottima selezione di regioni non molto valorizzate dalle nostre parti, quali Abruzzo e Marche, che invece offrono prodotti validi a prezzi decorosi.
Se vi fermate qui(primo, secondo e vino) 25 euro cadauno saranno sufficienti e ben spese, se invece la vostra curiosità si spingerà oltre, potrete assaggiare le selezioni di salumi e formaggi o uno dei dolci casalinghi proposti(la crostata di ricotta e visciole ha rischiato di farmi capitolare), ma il conto sarà comunque commisurato al piacere.
Un plauso, per concludere, al servizio che oltre a cordialità e gentilezza, trasuda passione per quello che fa, piuttosto raro in un ambiente in cui spesso ci si improvvisa.

Se vi ho incuriosito, Roma vi aspetta lì, ormai da diversi anni, se non ci sono riuscito ci riproverò con uno dei prossimi post.

martedì 14 settembre 2010

Oscar della pubblicità 2010



A Grosseto è l'ora di pranzo, ormai mio suocero starà dando gli ultimi giri al risotto col pesce e così mi affretto lungo le vie del centro spingendo l'ultraleggero di Lorenzo, che intanto, come sempre, è in braccio a mia moglie.
Nonostante l'immotivata fretta, è sabato o domenica non ricordo, la mia attenzione è rapita da un improvvisato set degno delle migliori produzioni: seduto ad uno dei suoi tavoli Romolo in beata solitudine affronta un sugoso piatto di salsicce e fagioli, armato di pane, forchetta e di una mezza bottiglia di Brunello Talenti.
Sarà l'ora, sarà la fame, sarà il fascino di quell'immagine conviviale, sarà l'abbinamento semplice ma gustoso,  ma il moto che mi prende è quello di sedermi lì con lui all'istante, sebbene non siamo amici e il nostro rapporto si limiti a quello di ristoratore e cliente.
Non lo faccio.
Per pudore, perchè dovrei spiegarlo al resto della famiglia e perchè a casa mi aspetta il risotto del suocero(tra l'altro ottimo).
Naturalmente la prossima cena fuori sarà da Romolo e avrò molto di più da raccontarvi.

domenica 12 settembre 2010

Marina dolce e amara



E anche quest'anno è andata.
L'estate ci regala l'ultima, almeno per me, domenica da spiaggia e questa giornata a Marina(di Grosseto naturalmente) mi lascia due esperienze contrapposte.
La prima è il triste spettacolo dei Bagni, per fortuna non tutti, che hanno già smontato buona parte delle attrezzature obbligando i bagnanti che avevano pagato lo stagionale ad arrangiarsi anarchicamente: come si può dire che, alla nostra latitudine, la stagione finisce il 7 settembre? Lo sanno questi signori, e chi glielo permette, che altrove si fanno tanti soldini con il turismo di settembre e addirittura di ottobre, contribuendo notevolmente anche all'immagine delle località negli altri periodi? Certo occorre riuscire a guardare oltre la punta del proprio naso e fortunatamente per loro il demanio non richiede questa caratteristica quando affida le concessioni.
Di tutt'altra natura l'impressione destata dalla gelateria "La Chiccheria", in Via Piave 14  sempre a Marina. Traspare fin da subito la cura e la passione dei proprietari, molto attenti nella scelta delle materie prime(non si utilizzano semilavorati) e nella presentazione del prodotto.
Ottima scelta di gusti con disponibilità di creme e di sorbetti(40% di frutta, assenza di latte e latticini): abbiamo assaggiato un'ottima cioccolata, dal sapore rotondo con abbondate presenza di croccanti pepite di cioccolato, e un eccezionale pistacchio, uno dei gusti più difficili da realizzare. Dimenticatevi la nocciola verde che spesso viene proposta in molte gelaterie e preparatevi alle sensazioni salate del vero pistacchio di Bronte con la simpatica variante delle pellicole tostate che lo ricoprono.
Allo stesso livello anche i sorbetti, con almeno il 40% di frutta, mentre una nota di merito per i proprietari per la disponibilità di gusti per celiaci e per intolleranti al lattosio(strafondente e sorbetti).

mercoledì 8 settembre 2010

Non moriremo di sete


Riprendo, a breve distanza, l'argomento "acqua pubblica", già trattato in due post precedenti(qui e qui), per riportare una notiza positiva.
Siamo riusciti infatti a rintracciare una delle pochissime fontanelle pubbliche ancora in servizio nel comune di Grosseto, dislocata più o meno a metà della pista ciclabile che porta a Marina: certamente un ottimo servizio per i tanti che utilizzano la pista per svolgere attività fisica, un po' fuori mano, ma per cominciare può bastare.
In attesa di vedere anche a Grosseto distributori di acqua pubblica pura, vi segnalo che ne esistono già ad Imperia, Torino, Poggio Moiano(Roma), Anghiari(AR) e in moltissime altre città e cittadine italiane; non mi stancherò di ripetere che si tratterebbe di un contributo concreto alla tutela ambientale(riduzione rifiuti e inquinamento per il trasporto delle bottiglie), di un risparmio concreto per i cittadini(una famiglia media spende centinaia di euro l'anno per l'acqua minerale) con un costo molto contenuto per l'Amministrazione Pubblica(l'acqua pubblica ha un costo per litro che tende a zero e gli impianti, anche se non costosissimi, potrebbero essere ripagati attraverso sponsorizzazioni).

P.S. Ultimamente parlo più di acqua che di vino, sarà l'età che avanza...

martedì 7 settembre 2010

Ci vuole il legno, per fare l'acqua...



A partire da oggi, presso i tre punti vendita IKEA dell'hinterland milanese sono stati attivati altrettanti chioschi di erogazione di acqua purificata, rinfrescata e eventualmente gassata a vantaggio dei possessori di Family Card IKEA(gratuita).
I "fortunati" potranno prelevare sino a 36 litri al giorno, per ogni tessera, soddisfacendo così i bisogni della famiglia, con un risparmio medio annuo, stimato dalla stessa azienda di 300 euro per famiglia.

Ma l'acqua non è un bene primario, un elemento fondamentale, il simbolo di ciò che dovrebbe essere pubblico e gratuito?

Vista la situazione nella nostra città, ad esempio, non sembrerebbe proprio questa la strada: chioschi del genere non esistono(ce ne sono in altre città) e le fontanelle sono più rare del Panda Gigante(vedi post precedente), l'acqua diventa così una merce rara da acquistare al supermercato(con inquinamento atmosferico, rifiuti e decine di euro di spesa) o un pezzo di gioielleria da reperire al bar in preziose bottiglie da 1/2 litro a 1 euro(ma si arriva tranquillamente anche a 1,50 euro).

Ma non sarà che gli interessi di questi soggetti sono più importanti della nostra sete?

Se volete potete chiedere a fiora@fiora.it

lunedì 6 settembre 2010

Più carrelli per tutti



Dopo un lungo braccio di ferro sembra proprio che "guerra del carrello" grossetana sia giunta ad una svolta: il centro commerciale al Casalone si farà a breve, con corredo di nuovo supermegaipermercato Conad e entro il 2012 vedrà la luce anche l'Ipercoop in zona Poggione.
Quelle che a prima vista sembrerebbero buone notizie, meritano quantomeno un'analisi un po' più approfondita che vada al di là degli slogan aziendali e dei titoloni dei giornali locali: sembrerebbe positivo l'impatto almeno sul piano occupazionale, visto che il solo Conad si parla di 300 assunzioni, anche se, specialmente in tempi di crisi, non saranno da sottovalutare gli effetti di queste aperture sul commercio "tradizionale" con ovvi danni collaterali costituiti da chiusure e licenziamenti.
Problemi deriveranno sicuramente sul piano del traffico e della viabilità, derivanti soprattutto dall'infelice scelta della zona del Casalone, non raggiungibile dai Tir(necessari all'approvvigionamento) se non da Grosseto Nord e attraversando tutta quanta la città.
Dal punto di vista del cliente non ci saranno significativi miglioramenti sul piano della concorrenza, visto che le due nuove aperture saranno effettuate da insegne già ampiamente diffuse sul territorio, al limite dell'oligopolio(Coop e Conad) e quindi difficilmente ci si potranno aspettare significativi miglioramenti quanto a assortimento e prezzi. Anzi nel medio periodo la concorrenza diminuirà per il progressivo impoverimento dei punti vendita indipendenti, con un aumento dell'omologazione dell'offerta(i prodotti sono perlopiù gli stessi) e, una volta sbaragliata la concorrenza, nessuno potrà garantire sulla stabilità dei prezzi.
A chi giova tutto ciò?
Non sono certo io a poterlo dire, l'unica impressione è che l'aria che tira non mi piace, mi sembra poco liberale e ho l'impressione che si voglia limitare la mia libertà di scelta.
Così, per non sbagliare, continuerò ad acquistare, per quanto possibile, i prodotti da chi li produce(risulta facile per pane, frutta, verdura, vino, olio, formaggio, carne, salumi) limitandomi ad utilizzare la GDO nei casi in cui non ci sia alternativa(per i prodotti per la casa e per l'igiene, ad esempio, alcune catene specializzate propongono prezzi inferiori alla GDO).
Vi potrà sembrare una scelta elitaria, ma vi assicuro che, scontrini alla mano potrete verificare il risparmio reale dovuto al fatto che, così facendo, eviterete gli inutili acquisti collaterali, darete una mano ai produttori(altrimenti costretti a svendere) e acquisterete prodotti realmente legati al territorio, contribuendo in maniera tangibile all'economia della nostra zona.

venerdì 3 settembre 2010

L'uovo di Colombo




Vivo a Grosseto da due anni e nessuno mi aveva mai portato in questo posto incantevole, ho visto i peggiori locali fintotipici(chiamarli ristoranti sarebbe eccessivo), mangiato pizze gommose e pesce congelato in chissà quale parte del mondo e nessuno aveva mai pensato di consigliarmi quest'angolo di Maremma vera?

Tralasciando l'ambiente con la trattoria, il bar e i tabacchi tutto in un locale, ai limiti della commozione, abbiamo assaggiato gli stuzzichini(quasi i crostini dei giorni di festa della mia nonna), dei fiocchi di neve poetici(non li fa quasi più nessuno, perchè bisogna saperli fare e ci vuole tempo) e una tagliata ai porcini tenera e gustosissima(non la sempre più comune soletta, ma una fetta di manzo di circa mezzo chilo con un'ottima marezzatura, portata cruda a tavola in visione e cotta con maestria)

Il menù propone comunque numerose varianti che mi incuriosiscono, mai banali, e che mi inducono a tornare presto per divorare la fiorentina(in tagli pantagruelici) e non solo.

Carta dei vini essenziale(per me è un pregio), ma con ottime referenze del territorio e la disponibilità anche di mezze bottiglie.

Conto di rara onestà, quella che in questo settore di furbi e furbetti manca spesso.

Cercherò qualsiasi scusa per tornarci.

P.S. Davvero non avete ancora capito di quale ristorante parlo? Allora anche voi non ci siete mai stati? Si tratta della Trattoria Cupi, a Cupi appunto, pochi km da Grosseto verso sud sull'Aurelia, uscita Cupi. Tranquilli che quando arriverete a Cupi troverete la Trattoria, oltre quella ci son solo la chiesa e due case.

martedì 31 agosto 2010

Il pecorino che sa di pecora


Quando si decide di portare in tavola un formaggio pecorino, la critica più frequente che si sente sollevare è "per me sa troppo di pecora".
"Ci mancherebbe" rispondo di solito io, di cosa volete che sappia?
Non è mozzarella, non è robiola e nemmeno Philadelphia, si chiama pecorino e quello che mi aspetto da questa meraviglia è che sappia di pecora, o per meglio dire, di latte di pecora.
Se vi venisse la voglia di assaggiarne uno, dei molti, che sanno ancora di pecora, potete rivolgervi all'Azienda Agricola "S.Agata" di Principina Terra(5 km fuori Grosseto): dimenticatevi intanto i pecorini di Pienza stereotipati e anche i maremmani cooperativi da decine di migliaia di forme, qui la lavorazione è ancora artigianale, non troverete due forme uguali, e si utilizza il latte proveniente da questi pascoli a metà tra la pineta e la città, solcati solo da saltuari sterrati perpendicolari.
Oltre a ricotta e ravaggiolo, che non ho potuto assaggiare non essendo adesso la loro stagione, le tipologie di formaggio sono tre a seconda della stagionatura.
Il più fresco è anche il più semplice da approcciare, perfetto con le fave e il pane fresco, ha un gusto vivace e invita ad affettarne di nuovo, perfetto per una merenda all'aperto.
Il semistagionato invece presenta un gusto più deciso e una maggiore sapidità, che lo rendono più adatto all'abbinamento con la frutta(pere, mele, uva, ma divertitevi tranquillamente a sperimentare), conclusione perfetta di un pasto non troppo pesante.
Ultimo prodotto è lo stagionato, che all'occhio si presenta molto diverso dai due precedenti: la crosta si fa marroncina e anche l'interno propone un'alveolatura fine, ma ben presente, segno evidente della maturazione del formaggio. Il gusto in questo caso è deciso, la varietà delle sensazioni più complessa e si ha la netta percezioni della vitalità del prodotto, del suo continuo divenire: potrà tranquillamente sostenere le chiacchiere con un vecchio amico, affiancato da un vino da meditazione sia esso rosso(un Brunello d'annata) o anche dolce(magari germanico); sarà, allo stesso modo, anche un'ottima compagnia ad una rilassata serata solitaria.
I prodotti sono reperibili presso l'Azienda "S.Agata" o presso il mercato "Campagna Amica" ogni sabato mattina, prezzi dai 12 ai 18 Euro/Kg a seconda della stagionatura.

lunedì 30 agosto 2010

L'altra via della seta.



Premetto che, per Ampeleia così come per le altre aziende citate, non percepisco alcun compenso e i prodotti che recensisco li acquisto personalmente(pagandoli, naturalmente).
La precisazione semprerebbe superflua(vista la mia autorevolezza e il mio prestigio), ma l'ho voluta fare perchè accingendomi a pubblicare il il secondo post(qui il primo) su "Ampeleia" in meno di 20 giorni, il dubbio era legittimo.

Torniamo quindi a Roccatederighi, virtualmente, per assaggiare l'annata 2004 del vino di punta dell'azienda omonima(dopo il 2003): le novità risultano notevoli a iniziare dalla scomparsa del Merlot(30%) che cede il posto a 5 vitigni mediterranei, piuttosto inusuali in questa zona(Alicante, Carignano, Grenache, Mourvedre, Marselan).
Lo schema di base (50% Cabernet Franc, 20% Sangiovese) è costante e si riconosce anche in questa nuova annata una certa continuità con la precedente, in particolare per quanto riguarda la spiccata sapidità, dovuta alla composizione dei terreni e alla vicinanza al mare, e le percezioni di macchia mediterranea particolarmente presenti(rovo, mirto, ginepro).
Rispetto al 2003 sembra passare in secondo piano l'apporto del Sangiovese(le note di sottobosco e humus sono meno evidenti), mentre si avvertono profumi maturi di tabacco e cioccolato.
I frutti scuri in bocca sono ben evidenti e donano piacevolezza, il tannino è particolarmente fine e svolge appieno il suo compito, senza mai essere invadente.

Un prodotto senza dubbio che spicca per piacevolezza e personalità, anche se a questo punto mi incuriosisce ancora di più l'assaggio del Kepos(secondo vino dell'Azienda) che propone, in solitaria, i cinque vitigni sopra elencati, senza la rete del legno piccolo: una bella sfida su cui vi riferirò  a breve.

domenica 29 agosto 2010

Fast food




La Pizzeria Napoletana di Castiglione della Pescaia, in posizione invidiabile all'inizio del lungomare, si vanta di essere la più antica pizzeria della città e di mantenere inalterata la gestione dal 1983.
Tutto vero naturalmente, anche se omettono di dire che anche il menù è fermo a quella data.
Non è una critica, ci mancherebbe, solo una constatazione.
Arriviamo alle 20.00, orario critico, e ci attende una piccola folla di persone, 20 più o meno, che attendono pazienti il loro turno(il ristorante nona ccetta prenotazioni), decidiamo di attendere, rincuorati anche dal fatto che il ristorante confinante ha dovuto instaurare la figura del "buttadentro" e, nonostante questo, soccombe.
La nostra attesa è piuttosto breve, aiutata dalla presenza numerosa di avventori nordeuropei abituati a cenare con le galline, e prendiamo posto in un tavolino "vista spiaggia", molto romantico: il servizio è molto celere e pragmatico, tanto che dopo pochi minuti abbiamo la tavola apparecchiata, le bevande e i menù.
Il menù , appunto , sembra fermo a diversi anni fa: gli antipasti sono i soliti(insalata di mare, polpo e patate, insalata di seppie), mentre tra i primi solo le tagliatelle con le aragostelle ci incuriosiscono.
Per quanto riguarda i secondi il menù, onestamente, discerne tra pesce fresco(frittura di paranza, pesce al forno con le patate etc) e pesce surgelato(fritti vari, gallinella, pescespada etc) con prezzi mai esosi, oltre alla classica pizza che sembra essere la specialità della casa.
Optiamo per due crostoni di mare(con un sughetto saporito di moscardini e seppioline), una frittura mista(quello che ci si poteva aspettare da una materia surgelata industrialmente) e un calzone(ben condito anche se poco cotto).
In totale fanno 47,50 euro(incluso coperto, acqua, una birra e una patata fritta) in poco meno di 40 minuti(pregio o difetto decidete voi).
Non mi meraviglia certo il successo di questo locale, che offre anche cucina di terra, in ottima posizione e con un servizio da Olimpiadi, ma sulla qualità molti dubbi.
Da consigliare a chi, trovandosi in zona per vacanza, trova lo stare a tavola una noiosa necessità o ha nostalgia della coda alle Poste.
Per gli altri, a 100 metri, direzione centro, c'è la pizzeria al taglio "Il Faro", l'attesa è più breve, la sistemazione è lasciata alla fantasia, ma la pizza è eccezionale e si spende una sciocchezza(chiude alle 22).

venerdì 27 agosto 2010

Il pesce ai tempi della crisi.



Se è vero che il prezzo del pesce è in costante aumento, al ristorante così come al mercato, esiste una terza via a questo pregiato alimento che salvi il nostro palato e le nostre tasche: il pesce azzurro.
La promozione di questo tipo di pesce è particolarmente attiva ormai da un decennio, ma il Popolo delle orate e delle spigole sembra piuttosto riottoso ai cambiamenti e preferisce ancora pagare anche 20 euro/kg per una di queste specie allevata in vasche sovraffollate a Orbetello o a Follonica, piuttosto che acquistare sarde, sgombri, sugherelli e aguglie pescate in mare.

Io, che mi tengo alla larga dai Popoli vari, acquisto spesso questo tipo di pesce(al supermercato CONAD di via Clodia viaggia tra i 4 e 5 euro/kg) e ieri ho preparato un ottimo sgombro al forno prendendo spunto da una scatoletta che mi ha portato mia sorella dal Portogallo(ottime conserve a marchio Tricana acquistate presso la" Conserveria de Lisboa" cui si riferisce anche l'immagine).

La porzione singola è costituita da 300 grammi di sgombro fresco e una cipolla(dorata, anche se si ottengono ottimi risultati con la rossa di Tropea) anche se il mio consiglio è di abbondare visto che avrà successo e che, semmai, il giorno successivo sarà ancora più buono: si prepara una teglia con carta da forno, precedentemente bagnata, e si adagiano le cipolle affettate non troppo sottilmente, salandole con prudenza. Successivamente si adagiano gli sgombri, si condisce con sale e olio(non esagerate lo sgombro non è un pesce magro) e si inforna a 180° per 20/25 minuti in caso di esemplari piccoli(300/400 grammi) o più a lungo in caso di esemplari più carnosi.
A questo punto basterà sporzionare lo sgombro(pesce tra l'altro semplice da sfilettare) con le cipolle e bagnare con il sughetto che si sarà formato sulla teglia(raccomandata la scarpetta con pane toscano).

Per l'abbinamento, sono consigliabili sia un rosato che un rosso giovane, purchè dotati di una buona acidità.

giovedì 26 agosto 2010

Vade retro vetro



Uno degli argomenti "caldi" di questi ultimi tempi nell'ambiente del vino è quello dei tappi, ovvero se esista o meno un'alternativa reale al tappo in sughero, uno dei must del vino di qualità.
Precisiamo subito che io parteggio per il tappo di sughero per motivi di tradizione e soprattutto perchè è l'unico su cui si possa scrivere(conservo quelli delle occasioni importanti con scritto la data e una breve nota).
Al di là dei sentimentalismi, ho però voluto provare queste alternative iniziando da quello che, secondo me impropriamente, viene definito tappo di vetro: impropriamente perchè a mio parere si tratta in realtà di un tappo di plastica(la definisco così da profano, avrà certamente un nome specifico) ricoperto di vetro, vetro che quindi non influisce assolutamente sulla conservazione del liquido e ha una funzione fondamentalmente estetica.
Ho stappato quindi una bottiglia di Alcamo di Cusumano, annata 2009, gentilmente fornitami da un amico grossista, e ho potuto notare come la fase di apertura sia piuttosto agevole e non necessiti, importante, di alcuno strumento, se non le mani.
All'osservazione e al gusto il vino non presenta alcuna differenza significativa con prodotti equivalenti con il tappo di sughero e quindi posso affermare, per la mia breve esperienza che su un vino di pronta beva il tappo è da considerare sicuramente adatto.
Un dubbio però è emerso quando, la sera, ho preso la bottiglia dal frigo per offrire un aperitivo ai vicini di casa: l'estrazione del tappo, come già la prima volta, ha necessitato di una discreta forza e al momento dell'apertura il tappo, proprio per la pessima presa determinata dal vetro, è scivolato dalle mie dita sfracellandosi sul pavimento: sarà certo colpa delle mie manone e della mia forza, ma in questa fase il tappo mi è sembrato poco pratico e un po' pericoloso(Lorenzo, 15 mesi, è sempre nei paraggi).
Riassumendo nulla da dire sul tappo in plastica a pressione(come lo chiamerei con nome poco commerciale), credo che si potrebbe pensare però ad un materiale alternativo al vetro, magari meno elegante, ma più pratico.

martedì 24 agosto 2010

Maremma che barba!(II parte)



Nella stessa sede però Luca Maroni ha affrontato anche due tematiche che mi sembrano molto importanti in prospettiva, anche se soltanto una mi trova d'accordo: ha parlato infatti della questione dei formati e della questione del grado alcolico.
Per quanto riguarda i formati concordo che al più presto sia da promuovere la diffusione di formati spesso snobbati(0,375 l) o la creazione di nuovi formati(0,500 l e 1 l) come già sperimentato, ad esempio, da Fontanafredda con la linea "Valori bollati".
I nuclei familiari e le grandi adunate si vanno assottigliando, gli appartamenti sono sempre più piccoli e se talvolta si arriva a 6 commensali, spesso a 4, ancora più spesso a 2 o si stappa da soli, la classica bordolese sarà spesso eccessiva, e talvolta scarsa con dispendio di soldi e di prodotto.
Altro discorso quello sulla tendenza a creare vini meno alcolici, così da dare spazio al famigerato "frutto", d'accordo anche su questo, ma soltano sui vini che per collocazione geografica o caratteristiche proprie presentino queste caratteristiche; al contrario Maroni suggerisce la "dealcolizzazione" un processo che diminuisce il grado alcolico e per chi, come me, vorrebbe che il vino subisse meno processi possibili, non s'ha da fare.

Maremma che barba!



Stamattina mi sono imbattuto nella trasmissione "Omnibus Life" su La7, ospiti l'enocritico Luca Maroni e Rosario Trefiletti di Assoconsumatori.

Al di là dei solti discorsi, ormai triti e ritriti, mi ha colpito soprattutto la discrepanza esistente tra i principi enunciati da entrambi gli interlocutori, promotori di una "democraticizzazione" e "divulgazione" del vino e il linguaggio utilizzato da Maroni che, nell'encomiabile intento di crearne uno nuovo, ha forgiato termini e concetti(l'onnipresente vino-frutto ad esempio) che a distanza di anni non hanno fatto breccia nel lessico nè degli esperti nè della massa e si trovano ancora relegati nei testi e negli interventi dello stesso Maroni.
Sarebbe il caso, in un processo di democraticizzazione e divulgazione, di prenderne atto e cambiare registro.

Molto spazio è stato dedicato anche alla produzione della nostra Maremma, dal momento che lo stesso Maroni è stato scelto dalla Camera di Commercio di Grosseto quale promotore/testimonial della nostra zona( e potrebbe esserlo anche in futuro, vedete qui): ne sono state lodate le Istituzioni(disinteressato...) e i prodotti ("Si può quindi dire che il Morellino è un buon vino" ha chiosato la conduttrice).

Mi ha colpito anche il continuo riferimento di Maroni alla GD, come canale privilegiato di distribuzione: se da un lato potrebbe sembrare un canale "democratico" dall'altra produce uno squilibrio di forze evidente che porta alla diminuzione del reddito per i produttori e una tendenza all'omologazione dei prodotti di cui non si sente certo il bisogno, soprattutto in Maremma.

Non me la sento di giudicare per un sacco di buoni motivi, ma credo che le nostre Istituzioni, prima di decidere chi debba rappresentarci per i prossimi tre anni(per la modica cifra di 150 mila euro), si debbano guardare bene intorno e non pubblicare un bando della durata di 20 giorni in agosto. A buon intenditor...

lunedì 23 agosto 2010

Gli amici degli amici...



Pochissimi anni fa mi è capitato di festeggiare una Laurea tardiva, la mia, presso un noto ristorante di una notissima cittadina del vino della Val d'Orcia(di cui non faccio il nome, vedasi foto).
Il locale è pieno, soprattutto di turisti, e noi, essendo una quindicina di invitati, per venire incontro alle esigenze della cucina, abbiamo deciso di optare tutti per un menù degustazione proposto dal locale, chiedendo semplicemente alcune piccole variazioni dovute alla presenza di due commensali, mio babbo e mia moglie, l'uno celiaco(o giù di lì) e l'altra intollerante al lattosio.
Con nostro grande stupore la cameriera ci riporta il parere del patron/chef: il menù è quello e guai a chi lo tocca.
Storcendo la bocca ci adeguiamo al diktat del Capo e proseguiamo la nostra cena che tra alti e medi si conclude degnamente.
Al momento del conto però accade l'inaspettato: mi reco all'interno del locale e il proprietario si accorge che sono un "indigeno". Immediato scatta uno sconto sostanzioso e lo stesso si precipita al tavolo per accertarsi dell'ottimo svolgimento del pasto presso i commensali e scusandosi per gli eventuali inconvenienti.
"Me lo doveva dire, quando ha prenotato, che eravate di qui" mi rimprovera il proprietario come a sottintendere che mi sarebbe stato riservato ben altro trattamento: proviamo a farlo ragionare che in quanto clienti dovremmo essere trattati nella medesima maniera e faccio fatica a trattenere alcuni ospiti, meno indigeni, che si sentono, a ragione, presi per i fondelli.
Mi dicono amici, ancora più indigeni di me, che non si tratti di una pecora nera, ma che anzi la pratica sia comune nel Borgo, con prezzi differenziati per residenti e ospiti sia nella ristorazione, che nella vendita e mescita di vino: a mio parere una pratica sconsiderata e poco lungimirante dettata soltanto da un'ottica speculativa deleteria.
Magari mi sbaglio.

domenica 22 agosto 2010

Bistecchiamo


Stavolta parliamo di carne, in particolare del più celebre, e celebrato, dei tagli bovini, la bistecca.
Chi volesse gustare una buona bistecca, magari cotta su una griglia arroventata, a Grosseto ha tre possibilità: può rivolgersi al macellaio di fiducia, può acquistare direttamente presso un produttore o affidarsi alla Grande Distribuzione(dove l'aggettivo grande si riferisce alle dimensioni dei punti vendita).
In particolare, questa volta, ho deciso di confrontare una bistecca nl filetto di circa 800 grammi acquistata presso l'Azienda Agricola Bellumori-Benetello di Casotto Pescatori e una, pari peso, acquistata presso il supermercato CONAD di Via Clodia, a Grosseto.
Partiamo dalla provenienza, che risulta dall'etichetta obbligatoria: nel primo caso si tratta di un vitellone di razza chianina, nato, allevato, macellato e confezionato presso la stessa Azienda(a pochi km da Grosseto), mentre nel secondo caso l'animale, di cui si ignora la razza, è nato, allevato e macellato in Francia per poi venire trasportato in Italia successivamente.
A prima vista la differenza tra le due bistecche è notevole: la bistecca di Chianina è di un rosso notevolmente più intenso, segno di una composizione più ricca innanzitutto in ferro, la grana della carne è più fine, le parti di grasso sono minimali rispetto al magro e l'osso si distingue nettamente anche ad una prima occhiata.
Dopo una breve cottura, passiamo all'assaggio: entrambe le bistecche sono promosse, anche se a favore della Chianina possiamo certamente notare una maggiore sapidità e tenerezza oltre a  una decisa adesione della carne all'osso, con notevole soddisfazione anche nella ripulitura dello stesso(mentre l'altro osso vola decisamente verso la cuccia del cane).
Dalla parte della bistecca francese, naturalmente ma non poi troppo, il prezzo che è di circa 12 euro/kg(in promozione per un periodo limitato), mentre la Chianina viene venduta a 18 euro/kg, un prezzo sicuramente ottimo se paragonato alle richieste per un prodotto similare avanzate dai macellai(dai 20 ai 25 euro/kg) e dalla stessa CONAD che vende bistecche di razza Chianina a 22 euro/kg.
I prodotti dell'Azienda Bellumori-Benetello li trovate, insieme a molti altri, presso il mercato Campagna Amica di Grosseto di cui abbiamo già parlato in un precedente post(qui).



Alla riuscita della serata ha contribuito un'ottima bottiglia di Brunello di Montalcino 2005 di Podere San Giacomo che, seppur figlio di un'annata minore e non destinata a fare storia, ha bilanciato perfettamente la succulenza delle bistecche preparando ogni volta il palato al successivo boccone, praticamente tutto ciò che si chiede ad un vino quando si è a tavola.

venerdì 20 agosto 2010

Le parole del vino



In questi giorni sto leggendo "Le vie del vino" di Johnathan Nossiter, l'autore del chiacchieratissimo documentario "Mondovino".

Sorvolando sulla piacevolezza della scrittura e sull'impalpabilità dei riferimenti enologici presenti nel libro, dovuti in gran parte alla mia quasi assoluta inesperienza in materia di vini francesi, debbo sottolineare il richiamo alla riscoperta di un approccio anarchico nella produzione, nella commercializzazione e nella critica del vino.
L'approccio, ai più distratti, potrà apparire innovativo, mentre chi avesse incrociato, anche solo per scritto, il pensiero di Luigi Veronelli avrà l'impressione di aver già sentito queste parole diversi anni fa, in tempi veramente non sospetti.
Appare chiaro che al momento le voci fuori dal coro siano ridotte a poche unità sulla scia di quello che accade nel giornalismo, nella politica, nell'economia e che ci si barcameni tra il conformismo, il qualunquismo e il bastiancontrarismo alla Grillo, che altro non è che l'altra faccia della stessa medaglia.
Lo schema di analisi di un vino (così come quello di produzione) è spesso il medesimo per la maggior parte dei critici (e dei produttori), il linguaggio è lo stesso e l'omologazione è il criterio dominante.

Di voci indipendenti in giro non se ne vedono, se ci sono preferiscono tacere.

mercoledì 18 agosto 2010

La Saga delle sagre



Chi arrivi in Maremma nei mesi estivi non potrà fare a meno di notare la grande proliferazione di Sagre che si organizzano ovunque.
Malviste dai ristoratori, che le considerano una forma di concorrenza sleale, godono del favore di chi è alla ricerca di informalità e prezzi modici.
Sull'informalità nessun dubbio: stoviglie di plastica(spesso), file alla cassa, e servizio spicciativo sono insiti nella tipologia di evento, insieme alle zanzare che talvolta le popolano. Anche sui prezzi modici pochi dubbi, anche se, rapportandoli alla qualità dell'offerta, a volte tanto modici non sono.

La mia idea è che esistano sagre e sagre.
Ci sono quelle che promuovono un piatto tipico, un'identità, sono originali e possiedono un anima.
Di contro noto sempre più sagre anonime, interminabili, generaliste, create con lo scopo di far cassa, sfruttando il volontariato,
Contro questo tipo di manifestazioni mi trovo al fianco dei ristoratori, la concorrenza sleale è evidente e non contribuisce a creare un solo posto di lavoro, nè a promuovere un prodotto del territorio, nè a mantenere viva una tradizione.

Credo che a questo proposito sarebbe opportuno un intervento da parte delle Istituzioni, la Provincia ad esempio, che entrino nel merito delle varie sagre, valutandone motivazioni e opportunità, moderandone il numero e la durata.

Sarebbe un ottima via per tutelare i nostri ristoratori e soprattutto le nostre orecchie, visto che con il proliferare delle sagre aumenta la richiesta di gruppi musicali e cresce esponenzialmente il numero delle "capre"(perdoneranno il termine) che si improvvisano musicisti e cantanti.

martedì 17 agosto 2010

Sessanta


Stanco di code e gavettoni, da qualche anno, a Ferragosto, mi rifugio alle pendici dell'Amiata, dove la terra offre adesso i frutti migliori, i funghi, e gli artisti della cucina trasformano la materia prima in cibi mai opulenti, ma sempre gustosi.

La meta di quest'anno è stata il Ristorante Caffè "60", alle porte di Seggiano(GR).
L'ambiente è molto familiare con Stefania che gestisce la cucina e uno stuolo di giovanissimi che si occupa della sala e del bel dehors dall'altra parte della strada(chiedete, se possibile, il tavolo sotto il tiglio).
La cucina è fortemente legata ai prodotti della zona ed anche in una giornata di affollamento con presta il fianco a critiche: il pane fritto, come appetizer, rischia di diventare piatto unico, tanto è buono, e il tagliere di salumi e formaggi è eccellente, pur nella sua estrema semplicità. Molto buoni anche i classici tortelli maremmani conditi con il pomodoro, superati in bontà e originalità dai tortelloni ripieni di sola ricotta e conditi con un ottimo olio di olivastra seggianese, vanto dell'agricoltura locale.
Come secondo abbiamo assaggiato una gustosissima lombatina di maiale ai funghi porcini: i proprietari, gli stessi della tenuta "Le Casacce" nelle campagne seggianesi, utilizzano suini di razza "macchiaiolo maremmano" allevati in zona, così come autoctoni sono i carnosi porcini.
A conclusione, nonostante avessimo annunciato bandiera bianca, ci siamo fatti tentare, come spesso accade, dai dolci casalinghi: ottime "la sbriciolona", crostata con crema, cioccolata e amaretti e la crostata di pesche.
La cantina è limitata ad alcune buone bottiglie dei territori limitrofi, Montecucco e Montalcino, ma non è certo la carta vincente del locale.
Prezzo nella media(35 euro per un pasto di 4 portate, vino escluso), ma sicuramente corretto e all'altezza della qualità della cucina.
Qualche dubbio sul servizio a cui perdoniamo la giovinezza, ma non un po' di presunzione(ordinazioni prese a memoria e non ricordate) e qualche dimenticanza di troppo dovuta all'inesperienza.

Sicuramente torneremo in una giornata più tranquilla.

lunedì 16 agosto 2010

Serate Castiglionesi



Sei in fila, ordinatamente.

Per un pezzo di pizza, una coppa di gelato, un bancomat, un posteggio.

E la chiami vacanza.

venerdì 13 agosto 2010

Le strade del vino



Girovagando per i blog, ma anche frequentando corsi e degustazioni, sento spesso dissertare sulle diverse fasi del percorso che più ci interessa, quello dalla vigna al bicchiere.

In particolare ci si sofferma, giustamente, sulle varie fasi della produzione sia in vigna che in cantina, mentre molti appassionati curano, spesso in maniera maniacale, anche la conservazione delle loro bottiglie, scegliendo adeguatamente locali, temperatura, esposizione, collocazione, presenza di vibrazioni etc etc etc.
Così facendo si trascura però, a mio parere, una fase intermedia molto importante che è quella del trasporto, ovvero di come la bottiglia arriva dalla cantina del produttore alla nostra.

La mia impressione è che in questa fase si perda spesso l'attenzione per le peculiarità di questo prodotto: corrieri generici e centri di smistamento della GDO, ma anche magazzini di distributori con stoccate migliaia di cartoni non porranno sicuramente l'attenzione dell'appassionato alle temperature, all'umidità del tappo, alle vibrazioni, agli urti, vanificando alla fonte il certosino lavoro successivo sia dei rivenditori più attenti che dei consumatori più appassionati.

E allora come possiamo salvarci da questa evidente contraddizione? Dobbiamo acquistare esclusivamente in Cantina sperando che almeno lì trattino il vino "come le 'ose sante" e poi trasferirlo con cura presso la nostra abitazione? Oppure le ripercussioni di queste imperizie saranno assorbite dal tempo e possiamo non curarcene?

giovedì 12 agosto 2010

Un'ottima annata?


Squilli di tromba, rulli di tamburi è in arrivo la nuova annata 2010!!!
Oddio in arrivo, diciamo che una piccola parte dell'uva presente in vigna è da vendemmiare, mentre la gran parte resterà sulle piante ancora per diverse settimane, ma da più parti già si tracciano bilanci preventivi e pazienza se dopodomani grandinerà(i produttori possono fare gli scongiuri).

Le previsioni innanzitutto parlano di un'annata abbondante con il tanto atteso sorpasso ai concorrenti francesi in termini di hl prodotti.
Un successo? Non proprio.
Perchè se è vero che produciamo di più è anche vero che vendiamo di meno e che spesso per vendere quel di meno abbassiamo, anche sensibilmente, il prezzo.
Carlo Petrini così, stamani su Repubblica, parla di Barolo sfuso a 2 euro e mezzo, di Barbaresco a un euro.
Non mi sembra che ci sia molto da gioire.

In questa situazione, quali prospettive per la nostra Maremma, terra di grandi promesse e di piccole certezze?

Un grande potenziale, senza dubbio, che però dovrà sbrigarsi a diventare realtà, per evitare di rimanere schiacciato dalla contrazione dei consumi(figlia della crisi, dell'alcooltest o di quel che volete voi).
La freschezza è il tratto più caratteristico della nostra realtà, freschezza che significa entusiasmo ed elasticità per affrontare le sfide del mercato, ma che allo stesso tempo si porta dietro qualche deficit di esperienza e delle strutture organizzative/finanziarie talvolta lacunose.

Se a qualcuno non fosse ben chiaro, non credo che ci sarà posto per l'improvvisazione.

mercoledì 11 agosto 2010

Montecucco Antica Miniera 2008 Podernuovo


Mi capita, esclusivamente in estate, di arrivare a casa e di scoprire un frigo desolatamente vuoto, popolato qua e là da salse al presunto tartufo avviate da mesi, maionese, limoni e yogurt. Nulla più.

Così ieri sera, di ritorno da un evento sportivo di alto livello, mi sono avventurato nell'improvvisazione di un pasto quasi notturno davvero succulento: pane e vino.

Più che di un pasto, si tratta del paradigma della semplicità gastronomica, di uno di quegli abbinamenti che, se ben riusciti, sublimano il palato con una spesa irrisoria.

E così mi sono armato di pagnotta bassa di ignoti natali(acquistata a Follonica), di una bottiglia di Montecucco Antica Miniera 2008 di Podernuovo e ho cercato di sfidare la fame ad armi pari.

Sull'esito della disfida non saprei dire, ma molto vi posso dire di questo Montecucco composto prevalentemente da Sangiovese(70%) con aggiunte paritarie di Cabernet Sauvignon, Ciliegiolo e Montepulciano, prodotto nella zona di Cinigiano ad un'altitudine di circa 300 m.
I vigneti dell'azienda sorgono nei dintorni e sui resti di una antica miniera(da cui il nome) di carbone e lignite: la ricchezza di minerali che deriva da questa collocazione fornisce il carattere a questo vino che per esplicita volontà del produttore vuol essere semplice.

Nella sua semplicità riesce però a far centro grazie ad un ottimo equilibrio ed un'apprezzabile bevibilità: il rubino luminoso del bicchiere tente a scemare sul bordo, mentre il Sangiovese la fa da padrone all'olfatto, con frutti rossi e scuri in evidenza e una nota sottile di viola. All'assaggio il vino è coerente, con ancora il frutto a farla da padrone e un tannino mai invasivo.

Se già convince con del semplice pane, non vi sarà difficile individuare un abbinamento adatto.

Reperibilità discreta, almeno in zona, prezzo molto concorrenziale con la possibilità di poter acquistare il formato da 5 litri, inusuale per un vino di questo livello.

Questione di forma

Ho sentito diversi amici lamentarsi in merito alla reperibilità, nella nostra zona, del Parmigiano Reggiano di qualità, aldilà dei soliti noti che affollano i banconi dei supermercati. Altri ancora non riescono a trovare il prodotto nei suoi diversi gradi di stagionatura, fattore che ne influenza assai le caratteristiche e l'impiego. Altri ancora, i più fortunati, si lamentano soltanto dei prezzi alti che questo prodotto raggiunge, spesso oltre i 20 Euro al Kg.
Ad aiutare questi amici curiosi e golosi ci pensa ancora una volta Internet, con una serie di Caseifici produttori di Parmigiano Reggiano che lo commercializzano direttamente e quasi sempre a prezzi modici.
Per i più curiosi la lista completa dei produttori che vendono online si trova sul sito del Consorzio di Produzione mentre per gli altri vi posso segnalare due produttori da cui mi rifornisco regolarmente: il primo è il Caseificio La Madonnina che dispone di Parmigano Reggiano di ottima qualità in tre diverse stagionature(12/24/36 mesi), dispone di possibilità infinite di confezionamento(a partire da 500 g) senza aggravio di costo(si parte dai 9,50 Euro al kg del 12 mesi per arrivare ai 13 Euro al Kg del 36 mesi).
Ancora più ampia la gamma del Caseificio San Salvatore che presenta 5 diverse stagionature(12/24/30/36/42/48 mesi) con prezzi che oscillano dagli 11 Euro/kg del 12 mesi ai 14 Euro/kg del 48 mesi.
Questo caseificio spedisce esclusivamente confezioni da un kg ed è consigliato in particolare a chi voglia provare le versioni più stagionate, difficilmente reperibili altrimenti.
In entrambi i casi la merce arriva a casa tramite corriere espresso confezionata sottovuoto, in modo da potersi conservare per 3/4 mesi senza perdere le proprie caratteristiche, anche se per esperienza vi segnalo che le temperature elevate accellerano il deperimento del prodotto e quindi vi consiglio di acquistarne quantità più ridotte in estate.
Ultimo ostacolo le spese di spedizione che sono piuttosto contenute, sotto i 10 euro, e che rendono il prodotto vantaggioso anche in piccole quantità(bastano 4/5 kg che vi assicuro avranno vita breve nella dispensa).
Ultima raccomandazione per i soggetti intolleranti al lattosio e i neonati che si avvicinano alle prime pappe: in entrambi i casi il Parmigiano Reggiano è un alimento consigliatissimo purchè abbia una stagionatura di almeno 36 mesi, stagionatura difficilmente reperibile attraverso i normali canali.

martedì 10 agosto 2010

Nasoni

Niente paura, non parlerò di difetti fisici o di chirurghi estetici, niente Cyrano nè presunte doti nascoste(“chi ben nappa ben tappa” si diceva dalle mie parti).

Nasone è infatti il nome che i romani danno da sempre alle fontanelle da cui sgorga quell’acqua buona e fresca che, non in tutti i quartieri, è uno dei mille vanti della Capitale.

“E a Grosseto come li chiamate?” potrebbe chiedere il forestiero curioso. Pensa che ti ripensa potremmo essere tentati di confessare che a Grosseto semplicemente non li chiamiamo, perchè non ce ne sono più…

Dite di averne vista una l’altro giorno? Bravi, ottimo spirito d’osservazione, ma tenetevi stretta l’informazione perchè l’efficacissima macchina burocratica potrebbe in breve tempo raggiungerla e annientarla.

D’altra parte perchè fornire al cittadino(sempre più contribuente) questo servizio minimale? E perchè dare la possibilità ai nostri bambini di ristorarsi negli intervalli delle loro scorribande, quando possono comodamente recarsi al bar più vicino per acquistarne mezzo litro, imbottigliata nella plastica a centinaia di km di distanza, al modico prezzo di un euro.

Ma d’altra parte cosa vogliono sti bambini? La prossima volta che se ne stiano a casa a giocare con la Play come tutti gli altri.

P.S. Se mi aiutate possiamo provare a mappare le fontanelle pubbliche di Grosseto, magari potremmo adottarle e salvarle, aspetto segnalazioni e foto.

Acqua azzurra, acqua cara


Esiste un ristorante, nella nostra Maremma, dove il cameriere si avvicina al tuo tavolo ed inizia a parlarti in tedesco. Poi accortosi della tua espressione interlocutoria tira fuori il suo miglior accento napoletano “Ah ma allora siete stranieri?”.


Può capitare di sentirsi stranieri a pochi chilometri da Gavorrano, stranieri magari, ma fortunati, visto lo splendore da cui siamo circondati: campi da golf intervallati da macchia mediterranea a perdita d’occhio, da un lato il mare e dall’altro le colline fitte di vegetazione.

Ieri sera sono tornato, dopo un paio d’anni, al “Golf Hotel Il Pelagone” di Gavorrano, un lussuoso Resort incastonato in un paesaggio splendido, per mettere alla prova Fausto, lo chef che nel 2008 aveva organizzato uno splendido banchetto nuziale, il mio per l’appunto.

Non ho trovato Fausto, credo che abbia traslocato altrove, ma abbiamo potuto assaggiare comunque un’ottima cucina, in un’atmosfera elegante e persino romantica.

Non ci potevamo certo aspettare un menù enciclopedico, visto che si tratta pur sempre del ristorante di un hotel ed in più in altissima stagione. Per gli ospiti dell’hotel la cena è a buffet, mentre noi preferiamo scegliere dalla carta un classicissimo, fin troppo, antipasto di mare con insalata di mare e carpacci(ahimè si ostinano tutti a chiamarli così, anche se non lo sono). La materia prima è ottima e la porzione persino abbondante

Successivamente ci affidiamo alla griglia amministrata da un giovane cuoco con un elegantissima divisa scura e cappellone di ordinanza: l’orata è cotta alla perfezione, la carne è tenera e succosa, non possiamo che dirci soddisfatti.

Si prospetta un successone…e invece non proprio, perchè le dolenti note sono particolarmente dolenti e toccano un argomento a me molto caro: il bere.

Iniziamo dal litro di Acqua Panna a 3,50 euro che francamente ci sembra proprio troppo. La tendenza a “salare” questa parte irrinunciabile del menù è piuttosto diffusa e piuttosto antipatica anche se in questo caso viene addolcita in parte dall’assenza della voce coperto nel conto finale.

La lista dei vini è strettamente legata al territorio, solo toscani, è ben suddivisa utilizzando il criterio della strada del vino di appartenenza(evidentemente un criterio più conosciuto delle denominazioni in Austria e Germania): il numero di etichette è certamente sufficiente, ma piuttosto contestabile mi appare subito la scelta delle stesse e, come prevedibile, il ricarico applicato.

Vi faccio solo un paio di esempi di vini di Castello Banfi, prodotti reperibilissimi, così che vi possiate fare un’idea: 21 euro per una bottiglia di “Le Rime” o di “Fumaio” sono francamente un’esagerazione, nell’ordine del 500-600% di ricarico e non mi meraviglio certamente se nei tavoli vicini si continua a trangugiare birra.

Noi abbiamo bevuto una bottiglia di “Serrabacio” di Serraiola(Monterotondo Marittimo), un blend di Marsanne e Roussanne fermentato in barrique, vitigni piuttosto inusuali in Italia che danno vita ad un prodotto molto bevibile con una spiccata sapidità: non fatemi sapere quanto costa, vi dico solo che io l’ho pagato 28 euro.

La via della seta


Se l’intenzione era quella di produrre seta, come dichiarato dai proprietari di Ampeleia, 50 ettari dislocati in diversi territori intorno a Roccatederighi, lo scopo sembra davvero raggiunto oltre ogni ragionevole dubbio.


Prendete l’annata recente più calda che vi ricordiate(bravi il 2003, l’estate infiammata), poi prendete il vitigno internazionale più ostico che vi sovviene(Cabernet Franc), metteteci il vitigno toscano più ostico(Sangiovese) e una spruzzata di Merlot(10% cito a memoria). La seta, carissimi, sarà l’ultima cosa che vi aspetterete di assaggiare.

E invece la seta c’è, frutto di non si sa quale alchimia della natura, sicuramente aiutata dall’altitudine degli impianti, dall’utilizzo dei legni, da quel goccio di Merlot, ma c’è.

Vi meraviglierà il rubino compatto del bicchiere e vi meraviglierà soprattutto l’assoluta secondarietà degli aromi vegetali, tipici del Cabernet Franc. Troverete invece frutti scuri in abbondanza, note terrose di sottobosco(meraviglie del Sangiovese), mentre in bocca apprezzerete la piacevolezza del sorso e l’eleganza del tannino: mettetelo in tavola e lo vedrete scomparire.

Sicuramente un vino poco “estivo”, ma se anche a voi piace sperimentare, basterà un piccolo passaggio in frigo.

L’annata non è quella in commercio attualmente, ma trattandosi dell’ultima edizione con questo schema(dal 2004 si sono aggiunti altri 5 vitigni in sostituzione del Merlot, ma ne parleremo quando stapperò il 2004), credo che valga la pena di acquistarne qualche bottiglia(non vi sarà impossibile reperirla) anche per seguirne un’eventuale ulteriore evoluzione.

E' il mercato baby

Mi capita di frequentare spesso Livorno e non sono poche le differenze che noto quotidianamente tra l’organizzazione del commercio enogastronomico labronico e quello della nostra città, differenze che forniscono, a mio parere, ottimi spunti a chi volesse creare in questo momento un’attività a Grosseto.


Da un punto vista “istituzionale” si nota lo spazio, diametralmente diverso, che viene concesso al concetto di mercato quotidiano: mentre a Livorno il mercato(sia coperto che all’aperto) fa da contraltare più che degno alla grande distribuzione a Grosseto non esiste un mercato quotidiano all’aperto, mentre il mercato coperto vede sempre più spesso aumentare il numero dei banchi desolatamente vuoti.

Nella concezione labronica il mercato è sì luogo di commercio, ma è anche luogo di incontro, occasione di convivialità: nella zona del mercato si concentrano infatti un gran numero di negozi enogastronomici di ottimo livello(pane, formaggi; salumi; gastronomia), ma soprattutto si collocano rivenditori di cibo da strada che accompagnano alla perfezione le mattinate al mercato.Per la colazione si potrà approfittare delle specialità dell’ Antica Friggitoria con frati e bomboloni fritti sul momento, di una leggerezza inaspettata, mentre all’ora di pranzo ci si potrà sbizzarrire con il Cinque e Cinque di Gagarin(schiaccia con la torta di ceci in mezzo) accompagnato dalla classica spuma o il mitico panino della Barrocciaia(con infinite varianti, vi consiglio comunque salsa verde, arrosto, melanzane, pomodori, cipolla e strappalenzoli).

Naturalmente quella di Livorno è una realtà sociale molto popolare, fatta di riti antichi che ormai non sembrano trovare più spazio all’interno della maggior parte delle altre città: il divario però tra le due realtà sembra non essere giustificato dal diverso, ma non troppo, substrato sociale e chi sembra rimetterci, in questo percorso di omologazione imperante, è il gusto e lo spirito della nostra città.

Campagna amica...e vicina di casa

Sempre più spesso, facendo la spesa, si avverte la distanza che ci separa dal prodotto che mettiamo nel carrello: contrariamente a quello che succedeva qualche decennio fa, non sappiamo chi ha confezionato le uova che acquistiamo, non sappiamo con quale latte siano prodotte le nostre mozzarelle(bianche o blu che siano) o dove sia nato il suino che ha dato origine al salame che affettiamo.

Abbiamo questa sensazione a causa della distanza infinita che ci separa dagli alimenti, dal numero di passaggi che i prodotti soffrono, dalle migliaia di chilometri che gli stessi percorrono per arrivare sulle nostre tavole, a discapito dell’ambiente e del nostro portafoglio. Migliaia di contadini vengono affamati perché possiamo acquistare verdure anonime e frutta fuori stagione a prezzi convenienti, convenienti soprattutto per chi, senza sporcarsi mai le mani di terra, guadagna milioni spostando merci.

Se anche voi vorreste vedere in faccia chi prepara il ravaggiolo che divorate o parlare con chi sala il vostro prosciutto, se anche voi vorreste avere un ortolano di fiducia o farvi consigliare dal produttore in quale olio intingere la bruschetta, da oggi potete: ogni martedì e ogni sabato, dalle 8 alle 13, in Via Roccastrada e ogni giovedì, stesso orario, nel piazzale della Chiesa del Cottolengo, a Grosseto, si tiene il mercato “Campagna Amica” organizzato dalla Coldiretti, in cui agricoltori e allevatori vendono direttamente e orgogliosamente la propria produzione. Potrete trovare carni e salumi, formaggi di pecora e di mucca, olio e vino, frutta e verdura a prezzi equi e con la possibilità, impagabile, di poter tornare la settimana successiva a dimostrare il vostro apprezzamento o le vostre critiche direttamente al produttore che sarà felice di ascoltarvi.

Prossimamente parleremo nel dettaglio dei vari produttori, ma intanto date retta a un bischero, fate una visita, magari al mattino presto, meglio ancora lasciando l’auto in garage: farete un favore all’aria che respirate e il vostro palato vi ringrazierà infinitamente.

Senza fiamma


Quanti modi conoscete per cuocere la pasta? Parlo di tortiglioni e rigatoni, di fusilli e spaghetti, di alimenti quotidiani il cui metodo di cottura è talmente consolidato nella cultura popolare, da essere considerato un dogma. Un litro di acqua per ogni etto di pasta, un tot di sale(sforzatevi di trovare la vostra giusta misura a occhio, il cucchiaino è una misura fredda e sterile) e quando si arriva ad un bollore irruento(mandate in vacanza l’ansia per una volta) il giusto tempo di cottura secondo il formato e il gusto personale.


Il risultato lo conosciamo tutti, il piatto italiano per eccellenza, il protagonista di tavolate sontuose o di veloci spaghettate. Un trionfo.

E se vi dicessi che esiste un’alternativa a quanto appena esposto, che esiste un metodo almeno altrettanto buono per cuocere alla perfezione le vostre penne preferite(un giorno vi parlerò delle mie), un metodo che vi fa anche risparmiare? Non ci crederete, ma questo metodo esiste davvero, ho avuto modo di sperimentarlo grazie alle indicazioni dell’ottimo Luciano Mallozzi, anche se l’idea è riconducibile al Cav. Agnesi(quello dell’omonima pasta naturalmente) ed è di facilissima esecuzione.

Occorrono soltanto un paio di asciughini(o posatini che dir si voglia): mettete sul fuoco le normali proporzioni di acqua e sale(magari utilizzando il coperchio per risparmiare tempo e gas) e quando l’acqua bolle, buttate la pasta mantenendo il fuoco vivo per due minuti. Spegnete quindi il fuoco, mettete il coperchio e poggiate sullo stesso gli asciughini, per limitare la dispersione di calore. Lasciate riposare per il tempo di cottura indicato sulla confezione e scolate. Avrete una pasta perfettamente cotta e l’acqua di cottura, contrariamente a quello che succede con il metodo tradizionale, sarà limpida, segno che le sostanze nutritive sono rimaste nella pasta e non si sono disperse nell’acqua.

Provate e fatemi sapere, buon appetito.

lunedì 2 agosto 2010

Prezzi pazzi!

Negli ultimi mesi ho avuto modo di conoscere, inizialmente grazie alla manifestazione Maremma Wine Shire di maggio, un'importante azienda vitivinicola maremmana e di apprezzarne la produzione, molto originale e piacevole.

Ho avuto l'occasione di acquistare diverse annate del vino di punta dell'Azienda ed ho notato la sensibile differenza di prezzo presente sul mercato: se l'ultima annata commercializzata viene venduta, in Italia, a 20/25 euro, le annate immediatamente precedenti sono disponibili, con una piccola ricerca, a 6/7 euro.

Non mi soffermo sul nome dell'Azienda perchè non varierebbe la sostanza del mio discorso e perchè mi sembra che la tendenza sia piuttosto diffusa, tanto che da più parti si fa largo l'idea di creare gli Outlet del Vino sull'esempio di quello che avviene nel mondo della Moda.

Ha senso tutto ciò? Soprattutto ha senso che in saldo vadano vini con elevati potenziali di invecchiamento e non vini da consumare giovani? O forse, causa crisi economica e saturazione del mercato, moltissime cantine, anche blasonate, si ritrovano a corto di liquidità, e svendono i loro magazzini?

domenica 1 agosto 2010

Vermentino Stellato 2008 Pala


Capita anche ai migliori di sbagliare un abbinamento, figurarsi se non poteva accadere a me. Serata tranquillissima a casa con Ila e Simone, cavie inconsapevoli, tipica cena estiva(pasta fredda pesto, pomodorini e pinoli; prosciutto e melone, mozzarella, salame e olive) arrivo a casa di corsa, come sempre dal lunedì al venerdì: in frigo nulla sembra veramente adatto e così azzardo un vermentino, lo Stellato 2008 di Pala.

Il paglierino è assai luminoso, quasi scintillante, il naso fornisce un ottimo ventaglio di sensazioni: spicca la salvia, la segue una frutta tropicale non troppo matura(ananas) e su tutto una netta mineralità. In bocca si trova soprattutto la nota agrumata(pompelmo), ma quello che connota profondamente questo assaggio è la sapidità.

E cosa c'entrano il pesto o il prosciutto, il salame e le olive?

Bella domanda e sono d'accordo con voi che non si tratti proprio di un abbinamento indovinato. Onore al vino quindi, se la bottiglia finisce lo stesso per vuotarsi e se più di un commensale commenta positivamente il prodotto.

Onore ai Pala che producono questo vermentino in buona quantità, lo confezionano con ottimo gusto(bottiglia abbigliata elegantemente, addirittura avvolta in un foglio scintillante) e lo vendono a prezzi molto onesti(facilmente reperibile intorno agli 11 euro, ma con possibilità di spuntare un prezzo sensibilmente inferiore).

Per la prossima volta potremo seguire il consiglio della guida Duemilavini (cous cous con i ceci) o virare su dei classici crostacei, restando comunque alla larga da cibi troppo saporiti.